Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Cookie Policy completa.

Sei in possesso di una Carta del Docente o di un Buono 18App? Scopri come usarli su Maremagnum!

Libro

Camillo Sbarbaro, Francesca Colombi, Simona Morando

Lettere a Giovanni Giudici (1955-1962)

San Marco dei Giustiniani, 2021

29,45 € 31,00 €

San Marco dei Giustiniani Edizioni (Genova, Italia)

Habla con el librero

Formas de Pago

Detalles

Año de publicación
2021
ISBN
9788874943449
Autor
Camillo Sbarbaro
Páginas
168
Serial
Quaderni sbarbariani
Editores
San Marco dei Giustiniani
Formato
240×170×2
Curador
Francesca Colombi, Simona Morando
Materia
Autobiografie: scrittori, Studi letterari: 1900–2000 ca., Studi letterari: poesia e poeti, Diari, lettere e taccuini, Italiano
Conservación
Nuevo
Idiomas
Italiano
Encuadernación
Tapa dura
Condiciones
Nuevo

Descripción

Ad apertura di libro, ad occhio nudo, appare evidente come ai pochi, tutto sommato, documenti epistolari pubblicati, senza purtroppo il conforto delle responsive, corrispondano annotazioni abbondanti e particolareggiate. Non è un gioco accademico. Penso abbia fatto bene Francesca Colombi ad esercitare con scrupolo l'arte del commento, forse sfidando un po' il lettore, ma certamente a fin di bene. Perché un poeta esordiente ed ancora confinato in una 'couche' intellettuale periferica, come Giovanni Giudici, decide di scrivere nel 1955 ad un poeta che ha inciso le sorti di un tempo per lui remoto, cioè il primo Novecento? Un tempo che Giudici, nato nel 1924, dieci anni dopo l'uscita di 'Pianissimo', non ha vissuto con coscienza letteraria. Perché ritiene che Sbarbaro possa dargli consigli e indicargli percorsi? Sono domande che possono farci riflettere sulle linee della poesia del secondo dopoguerra italiano, ma che soprattutto ci invitano, come lettori, ad essere subito consapevoli di un percettibile disallineamento implicito nelle lettere, di una sensazione di disarmonia o, per usare una parola di Giudici, sfasamento che le accompagna.